Come tutte le mattine, il generale
Norton entrò a passo spedito nella sala operativa. I piantoni e le ordinanze
scattarono sull'attenti. Come al solito, notò che il saluto formale di alcuni
non era proprio impeccabile.
Oh, al diavolo. Per decenni, da
quando era stato dislocato nel settore mediterraneo, aveva considerato, come
del resto i suoi superiori a Washington e la maggior parte dei suoi colleghi,
l'Italia e l'esercito italiano il “ventre molle” della NATO, e adesso gli
italiani erano gli unici a tenere duro; anzi, l'esercito italiano era l'unico
che esistesse ancora.
I generali Lucero e Frutticini
stavano esaminando la carta appesa al muro che raffigurava l'Italia centrale
all'incirca dal Po al Tevere, e spostavano spilli e bandierine.
“Ci sono novità?”, chiese.
“Stanotte”, rispose Frutticini,
“Una nostra pattuglia di incursori ha distrutto un deposito di carburanti e
alcuni mezzi corazzati nemici. Circa un'ora fa quattro starfighter hanno
abbattuto un'aeronave nemica in volo all'altezza dell'Isola d'Elba”.
Pareva proprio che quei nemici
supertecnologici non fossero in grado di difendersi da qualcosa di tanto
elementare come le azioni di pattuglia notturne. Quanto poi al fatto degli
starfighter, anni prima avrebbe creduto quegli aerei buoni solo per i musei di
storia dell'aviazione.
In quella, entrò il sindaco
Bertelli.
Il sindaco di Lucca era la più alta
autorità civile italiana rimasta in vita già nelle prime settimane dopo
l'invasione e quindi – tecnicamente – fungeva da capo dello stato, presidente
del Consiglio e il-diavolo-sa-che-cosa.
A Norton dava sui nervi.
Quando era stato chiaro che la
Terra era oggetto di un'invasione extraterrestre, c'era voluto poco a
dimenticare tutte le vecchie questioni e ad andare d'accordo con tutti gli
antichi nemici umani, compresi la Corea del nord e l'Iran, almeno per il breve
periodo in cui erano ancora esistiti dei governi terrestri. Bertelli, però era
stato eletto sotto il simbolo di quello che si chiamava “Partito Democratico”,
ma che tutti sapevano essere l'erede di quello che era stato il partito
comunista, e che proprio un ex comunista fosse la massima autorità di quella
che gli USA avevano sempre considerato una scodinzolante colonia, era qualcosa
che Norton non riusciva proprio a mandare giù.
“Good morning, mister president”,
lo salutò ironicamente Bertelli facendolo andare ancora più in bestia. Anche
questo tecnicamente era vero. Per quel che valeva, il generale Norton era la
più alta autorità americana rimasta in vita, e aveva una giurisdizione assoluta
su quel migliaio di americani, combattenti o rifugiati, sparsi tra Pisa, Lucca
e Firenze.
Da circa tre anni il territorio
degli Stati Uniti, la patria della libertà, dalle Montagne Rocciose alle
pianure del Texas, alle coste della California, non era che una provincia del
protettorato arturiano sul pianeta Terra.
Forse al generale Norton avrebbe
giovato sapere che, alcune centinaia di chilometri più a nord, nel Quartier
Generale Avanzato di Bologna l'umore del Generale d'Armata Spaziale Lkw
Kysmhttpl, comandante della forza d'invasione arturiana, non era certo migliore
del suo. Da Arturo IV gli erano arrivate disposizioni precisa e doveva prendere
entro ventiquattro ore (tempo terrestre) una decisione che sapeva sarebbe stata
comunque spiacevole.
“Ma perché”, propose Nmks Wktthll,
suo aiutante di campo, “Non saturiamo semplicemente la zona di bombe
all'idrogeno e chi si è visto si è visto?”
“Già”, rispose Lkw
Kysmhttpl, “E come ce le buttiamo?”
Indicò la carta che riproduceva la
Toscana settentrionale. Una zona oblunga larga un centinaio di chilometri nel
punto più stretto e circa centocinquanta nel punto più ampio era tratteggiata
in rosso. Un'area più estesa tutt'attorno era tempestata di puntini rossi come
se avesse la varicella.
“Il fatto è che all'interno di
questa zona, ogni nostro veicolo aereo cessa di funzionare, missili compresi, e
in quest'area circostante circa tripla, si manifestano gravi disturbi
gravito-magnetici”.
“E se tentassimo”, propose l'aiutante
di campo, “Un attacco terrestre-navale risolutivo?”
“Presto detto! Se ci fossimo
trovati in una zona di vasta pianura aperta, avremmo potuto rischiare una mossa
del genere anche con la superiorità aerea locale assolutamente in mano al
nemico; ma è una specie di triangolo incassato fra gli Appennini e il Tirreno.
La zona di superiorità aerea nemica si estende su tutta la fascia costiera fino
ad alcune miglia al largo, ed è impossibile tentare uno sbarco. A sud ci sono
l'Arno e altri corsi d'acqua, e tutta la zona è collinosa, per niente adatta
alle manovre di mezzi corazzati. Come sai, giorni fa sono stato a Livorno e ho
ispezionato il fronte meridionale. I terrestri hanno radunato lì tutte le forze
corazzate di cui disponevano ancora in questo settore, hanno perfino interrato
i carri armati danneggiati come fortini, tanto non avrebbero comunque molto
spazio per muoversi: sono una ventina di chilometri in profondità di acciaio e
cannoni. Non vedo proprio come potremmo sfondare in breve tempo quella barriera
senza superiorità aerea, anche senza contare gli ostacoli naturali.
E noi non siamo equipaggiati per
una guerra di logoramento. Abbiamo già sprecato tre anni. Il piano originario e
quello di un rapido colpo di mano per impadronirsi di tutto il pianeta. Ci
aspettavamo delle difficoltà per occupare le zone impervie: la foresta
amazzonica, il Tibet, l'Antartide, ma non in un territorio apparentemente privo
di ostacoli naturali molto consistenti, non qui”.
“E allora che si fa?”, chiese Nmks Wktthll, “Da Arturo vogliono una
decisione entro ventiquattro ore”.
Verso le 11,30 ora locale, una
postazione avanzata avvistò un'automobile civile scoperta che avanzava verso le
linee dell'esercito italiano. A bordo c'erano un civile terrestre che fungeva
da autista e quello che aveva l'aspetto di un alto ufficiale arturiano che
reggeva fra i tentacoli l'asta di una grande e vistosa bandiera bianca. Furono
fatti avvicinare.
Dopo una scrupolosa perquisizione,
furono inviati sotto scorta al quartier generale.
Furono accolti personalmente dal
generale Norton e dai generali Lucero e Frutticini, infatti era la prima volta
che gli Arturiani cercavano di stabilire un contatto diplomatico.
Norton osservò gli elaborati gradi
che l'arturiano portava su tutte e quattro le spalle: era certamente un pezzo
grosso.
“Bngrn”, disse l'arturiano, “Sn
Nmks Wktthll, plnpptnzr rtrn, sn vnt trttr l'rmstz”.
Come tutti gli arturiani, parlava
le lingue terrestri così male, che Norton ci mise un po' a capire che stava
cercando di parlare in italiano, lingua che neanche lui, d'altronde, conosceva
alla perfezione.
Il civile, che evidentemente
fungeva anche da interprete, si affrettò a tradurre.
“Dice che è Nmks Wktthll,
plenipotenziario arturiano, e che è venuto a trattare l'armistizio”.
Norton si voltò verso i colleghi
italiani.
Frutticini disse:
“Digli che non abbiamo nessuna
intenzione di arrenderci”.
“Nn h prlt d rs, m d rmstz”,
rispose l'arturiano.
“Rmstz?”, si chiese Norton
perplesso.
“Dice che non ha parlato di resa,
ma di armistizio”, precisò l'interprete.
“Digli di spiegarsi meglio”,
replicò Norton sorpreso.
Alle quattro del pomeriggio i
termini dell'armistizio erano stati definiti e firmati, da Nmks Wktthll per le
forze armate arturiane, da Lucero e
Frutticini per l'Italia, e dal generale Norton per le forze della NATO italiani
esclusi, ammontanti in quel momento a una brigata mista americana, a un
battaglione di Panzergrenadiere della Repubblica Federale Tedesca, a due
plotoni di paracadutisti inglesi e a un attaché militare turco che da tre anni
in qua era il più spaesato di tutti.
Per le sei un aereo
dell'aeronautica militare italiana, data l'impossibilità di movimento per i
velivoli arturiani, fu mandato a prelevare Lkw Kysmhttpl a Bologna.
La pace fu firmata in tempo per
l'ora di cena.
Il trattato, firmato per il governo
italiano dal sindaco di Lucca Roberto Bertelli e in rappresentanza del governo
arturiano dal generale di armata spaziale Lkw Kysmhttpl, riconosceva la
sovranità italiana sulle province di Pisa, Lucca, Prato e Firenze.
Quella sera le file del superstite
esercito italiano furono percorse da una salva quasi ininterrotta di scoppi, i
botti dei tappi di spumante di bottiglie misteriosamente sopravvissute alle
vicende belliche.
Al Quartier Generale non erano
passate le dieci che tutti erano sbronzi fradici, compresi gli arturiani su cui
l'alcool faceva uno strano effetto. Nmks Wktthll si era buttato fra i tentacoli di Lkw Kysmhttpl fra le risate dei terrestri che
ebbero una sorpresa: gli arturiani erano ermafroditi, o forse chissà, lo erano
quei due che avevano gusti particolari.
“Ll pc ll mcz fr ppl dll glss!”,
urlò Norton sollevando il bicchiere in una gustosa imitazione dello strano
italiano di Nmks Wktthll quando i due
arturiani si furono appartati per fare le loro cose.
Per un momento si era chiesto che
figura avrebbero fatto i terrestri davanti alla Galassia avendo come capo
dell'unico governo umano esistente un ex comunista, ma ora si sentiva di un
umore in cui trovava simpatici anche gli arturiani e – con uno sforzo – persino
Bertelli.
Nei primi tempi della guerra, gli
Americani erano riusciti a catturare dei prigionieri, a interrogarli e a sapere
qualcosa di più sulle motivazioni dell'attacco arturiano.
Arturo, come tutti i mondi civili
della Galassia, faceva parte della Federazione Galattica. I Galattici
conoscevano da decenni il pianeta Terra, e da decenni discutevano se i
Terrestri erano da considerare degli animali semi-intelligenti o dei selvaggi
che forse un giorno sarebbero stati capaci di progredire e amministrarsi da
soli. Gli arturiani avevano deciso di troncare le discussioni e di impadronirsi
della Terra con un colpo di mano (di tentacolo, in realtà).
Queste notizie erano state tenute
segrete, ma ora che la fine della guerra aveva sancito la fine degli Stati
Uniti come entità politica, Norton pensava di poter dire quel che sapeva.
Ora si aprivano prospettive molto
interessanti. Una volta che gli arturiani avevano riconosciuto come legittimo
il governo umano su una parte sia pure piccola del pianeta Terra, a lungo
andare alla Federazione Galattica sarebbe stato impossibile non riconoscere il
diritto degli esseri umani ad autogovernarsi. Sarebbero tornati a essere un
popolo libero, e inserito nella comunità galattica.
Si alzò in piedi su un tavolo e
gridò a gran voce:
“Silenzio, amici, devo fare
un'importante dichiarazione!”
Sì, quel giorno la dignità e la
libertà umane di fronte all'Universo erano state salvate, e tutto perché per
una bizzarra anomalia del campo magnetico terrestre, come aveva scoperto Carlo
Lucero anni prima, per un disco volante è impossibile atterrare a Lucca.
Con un racconto di Fabio Calabrese, assai vicino ai classici della SF, inauguriamo ASIMOV, nuovissimo blog di fantascienza.
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